🧠 2025 come il 2018? Quando la memoria corta costa cara.
L’anno è il 2025, ma dai movimenti in borsa e dal clima di incertezza che domina i mercati sembra di vivere un ritorno al 2018
Caro Fuoricasse,
la settimana che si chiude ci ha regalato, ancora una volta, la sensazione di trovarci in una sorta di “déjà vu”.
È il 2025, eppure sembrano tornare d’attualità gli spettri del 2018: dazi, tensioni geopolitiche e turbolenze sui mercati, con una volatilità che spinge gli investitori a domandarsi se questa volta sarà diverso.
Ma la storia – e la memoria finanziaria, come ci ricorda il “Principio IV dei Fuoriclasse” – insegna che i cicli economici non cambiano nel loro meccanismo di fondo: oscillano, a volte in modo brusco, tuttavia le fasi negative non durano per sempre.
La buona notizia è che: conoscere il passato può aiutarci a gestire meglio il presente.
Se torniamo indietro, vediamo che ogni correzione dei mercati ha fatto seguito a momenti di grande euforia, e ogni nuova fase rialzista ha preso forma proprio nei periodi di maggiore incertezza.
Oggi si parla di “2025 come il 2018” e, in effetti, ci sono somiglianze nelle dinamiche che condizionano i mercati. Tuttavia, il consiglio di chi studia la finanza da tempo è rassicurante: restare lucidi, ricordare che storicamente le correzioni fanno parte del gioco e che, nel lungo periodo, la pazienza premia.
In questa newsletter domenicale, vogliamo offrirvi uno sguardo ragionato su ciò che sta accadendo.
Niente allarmismi, ma piuttosto un invito a riflettere: la storia non si ripete mai identica, ma sa far rima più spesso di quanto crediamo.
E a noi investitori, di qualunque calibro, non resta che imparare a memoria quel ritornello e trarne insegnamenti preziosi per navigare con serenità anche le acque più agitate.
Buona lettura e buona domenica!
2025 come il 2018? Segnali di Déjà Vu
Il 2025 si sta rivelando un anno complesso, ma i mercati hanno affrontato situazioni simili in passato.
Il nuovo mandato di Donald Trump è infatti iniziato sotto il segno di una politica economica che potrebbe sembrare un ritorno al passato rispetto al suo precedente mandato con ancora una volta, le tariffe al centro della scena. Proprio come nel suo primo mandato, le tariffe imposte su una vasta gamma di prodotti sono il cuore della strategia economica, affiancate da un programma di licenziamenti di efficientamento nel settore pubblico con l’obiettivo dichiarato da Trump che è quello ridurre il deficit fiscale e il debito pubblico degli Stati Uniti, un messaggio che manca da anni e che, in molti, speravano di rivedere.
Ma partiamo da uno sguardo al passato. Durante il suo precedente mandato presidenziale (2017-2021), Trump ha implementato diverse manovre tariffarie, principalmente come parte della sua politica commerciale "America First", con l’obiettivo di proteggere l’industria americana dalla concorrenza estera. Le principali manovre tariffarie sono state le tariffe su acciaio e alluminio del 2018, la Guerra commerciale con la Cina nel 2018-2020, le tariffe sulle automobili nel 2019 e l’uscita dall'accordo di partenariato transpacifico.
Ma al di là degli interventi sulle tariffe le analogie tra il 2018 e il 2025 si trovano principalmente nelle valutazioni del mercato americano. Nel 2018, infatti, il multiplo PE (prezzo utili) dell’S&P 500 si trovava a 19 sui massimi almeno degli ultimi 10 anni, un segnale di un mercato che sembrava riflettere una fiducia incrollabile nelle prospettive economiche. Tuttavia, l'incertezza politica generata dalla politica commerciale di Trump e le sue manovre tariffarie hanno contribuito a creare una volatilità significativa, portando a forti oscillazioni sui mercati anche del + o – 20% arrivando a portare le valutazioni al livello di 14 volte gli utili, ovvero la sua media valutativa di lungo periodo.
Allo stesso modo, anche a fine 2024 le valutazioni si trovano sui massimi degli ultimi 10 anni con il rapporto PE al di sopra delle 22 volte. Nonostante una situazione globale che presenta alcune differenze, il contesto di incertezze politiche ed economiche, unite a valutazioni ancora alte, sta alimentando dinamiche simili di fluttuazione e instabilità già viste nel 2018.
Non pensiamo e non abbiamo gli elementi per dire se il 2025 sarà come il 2018, ma la storia è sempre una risorsa preziosa, ed il comportamento dei mercati sempre molto simile in quanto guidato dalle emozioni umane. Quello che ci insegna la storia è che l'incertezza non piace ai mercati, e questo assunto è ancora più vero soprattutto quando le valutazioni sono elevate. Più le valutazioni salgono più si scontano scenari ottimisti fino ad arrivare al punto di attendersi uno scenario pressoché perfetto che non lascia spazio al minimo margine di errore. È così che appena queste aspettative vengono disattese o semplicemente quando subentra incertezza le valutazioni si riportano verso la loro media ed i mercati correggono.
La storia non è mai uguale ma tende a far rima e quindi la ricetta per affrontare questo periodo di turbolenza risiede in pazienza e razionalità, ovvero le due virtù principali dell’investitore intelligente.
Se da un lato le valutazioni elevate e le tensioni geopolitiche impongono prudenza, dall'altro gli investitori di lungo periodo sanno che la volatilità fa parte del gioco. Dal 1927, il mercato ha subito correzioni del 5% tra le 3 e 4 volte l’anno e drawdown del 10% ogni anno. I mercati ribassisti, definiti da cali superiori al 20%, si verificano statisticamente ogni 3 anni e mezzo, tuttavia, nel lungo termine, l'azionario ha offerto un rendimento medio annuo dell'11%, sottolineando l'importanza di una visione di lungo periodo e di razionalità.
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