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In finanza esistono pochissime interviste che sopravvivono ai decenni e continuano a sembrare scritte per il presente. L’intervista del 1987 a Philip Fisher è una di queste.
Caro Fuoriclasse,
in finanza esistono pochissime interviste che sopravvivono ai decenni e continuano a sembrare scritte per il presente. L’intervista del 1987 a Philip Fisher – uno dei padri dell’investimento growth, maestro di Warren Buffett e autore di “Common Stocks and Uncommon Profits” – è una di queste.
In quelle pagine, Fisher anticipa dinamiche che oggi viviamo ogni settimana: mercati euforici e poi impauriti, investitori che inseguono IPO a multipli insostenibili, banche vulnerabili dietro bilanci apparentemente solidi.
E soprattutto: l’incapacità cronica degli operatori di distinguere tra rumore e valore.
In questa newsletter ripercorriamo le idee più potenti dell’intervista, trasformandole in strumenti pratici per chi investe oggi.
Cominciamo!
1. La storia non si ripete mai… ma fa rima
Nel 1987 Fisher osservava un mercato pieno di tensioni: consumatori troppo indebitati, aziende che raccoglievano capitali senza un vero modello di business, investitori attratti dai “nuovi temi” più che dai bilanci.
Suona familiare?
Le sue parole erano quasi profetiche:
“La storia economica non si ripete mai identica… ma i meccanismi psicologici che la guidano sono sempre gli stessi.”
Per Fisher, i cicli non nascono da formule matematiche ma dalle emozioni collettive.
Quando l’euforia sale, i multipli si gonfiano, le IPO mediocri trovano domanda, la prudenza viene scambiata per miopia.
Quando arriva il dubbio, lo swing emotivo è talmente violento da spazzare via anni di ottimismo.
La lezione è semplice: chi investe deve osservare le persone, non solo i dati. L’errore più costoso è ignorare quando il mercato perde lucidità.
2. L’inflazione non si combatte con l’oro, ma con le aziende giuste
Fisher studiò in profondità periodi di inflazione estrema, compresa l’iperinflazione tedesca. La conclusione lo portò lontano dai luoghi comuni:
“Nelle crisi più dure, l’unico vero rifugio non sono beni statici… ma le aziende capaci di adattarsi.”
Secondo Fisher:
l’oro non genera reddito;
la liquidità perde valore;
gli immobili soffrono quando i costi di finanziamento esplodono.
Ciò che sopravvive – e talvolta prospera – sono le imprese di qualità eccezionale, con pricing power, management competente e capacità di innovazione.
È un messaggio fondamentale oggi, in un mondo che alterna paura dell’inflazione a paura della recessione:
il vero scudo è la qualità del business, non la fobia per i prezzi che salgono.
3. Buffett e Fisher: due strade diverse, una sola verità
Fisher viene spesso ricordato come l’uomo che ha insegnato a Buffett a “pagare di più per aziende migliori”.
Ma l’intervista chiarisce un punto essenziale: le filosofie di Graham e Fisher non sono in conflitto, rappresentano due angoli diversi dello stesso prisma.
Graham protegge: compra ciò che è estremamente a sconto, anche se mediocre.
Fisher fa crescere: investe solo nelle aziende capaci di compounding per decenni.
Buffett lo sintetizzò così: “Sono 85% Graham, 15% Fisher”.
In realtà, osservando il suo portafoglio moderno, il peso di Fisher sembra molto più alto.
La verità che emerge dall’intervista è questa:
un grande investitore combina valutazione razionale e qualità del business.
Non basta comprare a sconto. Bisogna comprare qualcosa che continui a valere di più nel futuro.
4. La pazienza è la competenza più rara del mercato
Uno dei passaggi più iconici dell’intervista riguarda il numero di “grandi vincitori” che Fisher ha avuto nella vita. Solo 14 titoli hanno generato i rendimenti che l’hanno reso leggendario.
Perché così pochi?
“Le aziende eccezionali sono rare. E quando le trovi, l’unico errore imperdonabile è venderle.”
Fisher detestava il trading tattico, le prese di profitto, la rotazione compulsiva.
La sua idea era radicale: vendere meno, studiare di più.
Nel lungo termine, il ritorno non viene dall’attività, ma dalla capacità di lasciar lavorare il compounding.
5. Come si riconosce un’azienda eccezionale
La parte forse più utile dell’intervista è il metodo di selezione di Fisher. È sorprendentemente moderno:
management trasparente e competente;
cultura aziendale orientata all’innovazione;
efficienza operativa superiore ai concorrenti;
prodotti con differenziazione reale;
un mercato in crescita su cui l’azienda ha un vantaggio competitivo sostenibile.
In altre parole, prima del “moat” di Buffett, prima dei “compounder” di oggi, Fisher aveva già capito il concetto fondamentale:
la qualità genera valore con una potenza che il mercato sottostima sempre.
Conclusione: Perché l’intervista del 1987 è così attuale
Perché Fisher non parla di mode, ma di psicologia.
Non parla di macro, ma di aziende.
Non spiega come prevedere il mercato, ma come non esserne manipolati.
La sua lezione finale è anche la più preziosa:
“Se non sai valutare un’azienda meglio del mercato nei momenti di euforia o panico, allora non dovresti giocare questa partita.”
L’intervista del 1987 non è un pezzo di storia.
È un manuale operativo, attualissimo, per chi vuole investire con lucidità quando intorno sembra dominare la confusione.
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